Il valore dell’amicizia nel costruire la storia

Per calcolare il valore dell’amicizia, sia nei nostri rapporti interpersonali, ma anche nella sua capacità di costruire positivamente fatti che possano incidere nella storia, con la S maiuscola, possiamo prendere spunto dal fatto che le grandi cose nella storia, spesso, sono state l’esito di un lavoro condiviso, di progetti costruiti insieme.

Così è stato per la nascita dell’Europa, non una strategia costruita a tavolino, ma il frutto di un sogno condiviso nell’amicizia di tre grandi statisti: Schuman, Adenauer e De Gasperi.

Eravamo negli anni ’50 del secolo scorso e questi tre leader segnarono una storia che continua ancora oggi: Robert Schuman, Ministro degli esteri francese, Konrad Adenauer, Cancelliere della Germania Ovest e Alcide De Gasperi, italiano, Presidente del Consiglio. In comune l’idea di un’Europa che sarebbe dovuta essere unita, dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale, di un’Europa che avrebbe dovuto mettere da parte gli interessi nazionali a favore di un’ottica e di una casa comune.

Amicizia e realismo di tre uomini che intuirono che, solo mettendosi insieme, poteva nascere un progetto di pace duratura. Scriveva Schuman a De Gasperi nel 1950: “Ci siamo incontrati tardi nella vita ma la nostra amicizia è stata profonda e senza riserve. Vi eravamo, senza dubbio, predestinati in un momento in cui veniva definita una nuova politica per i nostri Paesi”.

Anche la ricerca scientifica, da sempre, racconta storie di scoperte condivise. Sempre nel secolo scorso, l’amicizia fu il cemento dei “Ragazzi di Via Panisperna”, il nome con cui è noto un gruppo di scienziati italiani, quasi tutti molto giovani (Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo, Oscar D’Agostino, Ettore Majorana), con a capo Enrico Fermi. Negli anni trenta operarono presso il Regio istituto di fisica dell’Università di Roma, allora ubicato in via Panisperna n. 90, a due passi dalla Stazione Termini.

La loro principale scoperta fu la proprietà dei neutroni lenti, che diede avvio alla realizzazione del primo reattore nucleare e successivamente alla bomba atomica.

E in tempi più recenti Fabiola Gianotti, direttrice generale del Cern di Ginevra, così descrive il lavoro degli scienziati con cui condivide l’esperienza di ricerca: “Siamo animati dalla passione per la scienza, non dalla geopolitica. Da noi e con noi lavorano insieme scienziati israeliani, palestinesi e iraniani. La scienza è universale e unificante. La nostra vocazione è più cooperativa che competitiva”.

Stare da soli non ci fa bene: lo abbiamo sperimentato in questi anni di pandemia, lo abbiamo visto nella scuola, nel lavoro, nella famiglia. In fondo la scelta di allentare le relazioni, di fare “da soli”, è una grande presunzione: non avere bisogno degli altri, non avere più niente da imparare da nessuno. E allora perché perdere tempo a incontrarsi, a dialogare, a costruire insieme?

Ma da dove ripartire per una politica e una socialità diverse? Oggi che i grandi ideali, le esperienze e le “bandiere” storiche, si sono dissolti, possiamo continuare a rimpiangere ciò che non c’è più o, ancor peggio, cercare di rianimare ciò che è morto?

Oppure possiamo investire sull’unico fattore che è in grado di resistere sempre, perché è irriducibile: la passione per l’opera comune, l’amicizia con chi condivide il desiderio di una società a misura dei bisogni delle persone, la voglia di vedere il sorriso sul volto dei nostri amici e dei nostri figli.

Come ci ricordava De Gasperi: “La tendenza all’unità è una delle costanti della storia. Dapprima embrionali, appena abbozzati, gli aggregati umani entrano in contatto fino a formare un insieme più vasto e omogeneo poiché più la società umana si dilata più si sente unita”.

Parole più attuali che mai: per questo vale la pena investire ancora sulla possibilità di restare amici, di tessere relazioni che ci rendano più “umani”!

Tiziano Conti

Nella foto: “I ragazzi di Via Panisperna”, Wikipedia

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