C’è tutto o quasi tutto, dentro la storia di Luigi Mangione, e questo è il motivo per cui è diventata così importante e diffusa. Parla persino di noi che non siamo americani, della nostra sfiducia per le istituzioni, della nostra rabbia, della nostra ricerca dell’attenzione.
Luigi Mangione è il ventiseienne che il 4 dicembre, su un marciapiede di New York, ha ucciso a colpi di pistola Brian Thompson, l’amministratore delegato di UnitedHealthcare, una grande assicurazione sanitaria statunitense.
Mangione, che aveva avuto diversi problemi di salute, soprattutto alla schiena, non era mai stato assicurato con l’azienda del dirigente che ha ucciso.
Appassionato di tecnologia e ottimista sulle sue applicazioni, era interessato alla salute olistica e ai funghi psichedelici, diffondeva i twitt di Elon Musk, parlava dei suoi allenamenti su LinkedIn, era preoccupato dal politicamente corretto e dal declino della religione.
Quando è stato catturato, aveva con sé anche una specie di rivendicazione, un testo breve, col quale, dopo aver ucciso un tizio sparandogli alle spalle, si scusa “per i traumi” che ha causato e riconosce di non essere “la persona più qualificata per argomentare” i problemi della sanità.
Nei giorni successivi all’omicidio, una grande quantità di persone sui social media avevano manifestato approvazione per quel gesto, quando non l’avevano apertamente festeggiato. L’entusiasmo e l’approvazione per le azioni di Mangione, dopo la sua cattura, sono proseguiti sul web.
“Studio i social media da molto tempo e non mi viene in mente nessun altro caso in cui un omicidio in questo paese sia stato festeggiato così apertamente”, ha scritto sul New York Times Zeynep Tufekci, professoressa di sociologia e affari pubblici all’Università di Princeton.
Il sistema sanitario americano, basato sulle compagnie assicuratrici che – a secondo dei vari livelli di copertura – i cittadini possono permettersi economicamente, è inefficiente e costosissimo, con risvolti apertamente opprimenti nei confronti delle persone, che si vedono negare con regolarità i rimborsi delle prestazioni prescritte da un medico, oppure sono costrette a indebitarsi per curarsi, che vivono col terrore di ammalarsi o devono rinviare cure necessarie per sé o per i loro cari.
Se una riflessione può nascere per noi italiani è che innanzi tutto la rabbia sociale è un grande problema per tutti e poi che ci conviene tenere stretto il nostro sistema sanitario pubblico!
Tiziano Conti