Nei giorni dell’Olimpiade di Parigi, a cui partecipano uomini e donne in tutti gli sport, una giovane donna di nome Bobbi Gibb che tentò di iscriversi alla maratona di Boston nel 1966, ci ricorda che con l’impegno e la passione la storia può fare passi in avanti.
Quando ricevette una busta dall’organizzazione, Bobbi era sicura che si trattasse del pettorale, ma il suo stupore superò la delusione nel leggere la motivazione. Fino a diventare quasi rabbia: il comitato organizzatore la escludeva perché “La corsa è aperta ai soli concorrenti maschi e inoltre le donne non sono fisicamente in grado di correre una maratona”.
Bobbi correva da una vita nei boschi attorno a Boston. Ci era nata e ne conosceva benissimo i sentieri e le strade. Amava il cross country e si allenava con il fidanzato quasi ogni giorno. Correre la faceva star bene, la divertiva. Chi erano quelli per impedirle di farlo alla maratona della sua stessa città?
Leggendo la lettera di rifiuto capì che avrebbe potuto reagire in due modi: accettarla oppure rifiutarla e presentarsi alla partenza, dimostrando così che le donne erano perfettamente in grado di fare quello che faceva un uomo.
Cinque giorni prima della maratona prese un bus da San Diego, California, dove nel frattempo si era trasferita per lavoro. La dividevano da Boston, Massachusetts, più di 4.800 km. Ci arrivò dopo quattro giorni di viaggio. Il tempo di riposarsi e di presentarsi alla partenza.
Martedì 19 aprile 1966, il giorno della gara, Bobbi si appostò tra la vegetazione in attesa dell’inizio. Quando circa metà dei partecipanti era passata, si unì alla corsa. Il suo abbigliamento era improvvisato: pantaloncini del fratello, scarpe sportive maschili, costume e un maglione.
Nonostante il caldo, Bobbi non osava togliersi la felpa. “Temevo che, se mi avessero identificata come donna, avrebbero cercato di fermarmi,” ha raccontato in seguito. Addirittura, pensava di rischiare l’arresto.
Presto, gli altri corridori si accorsero che non era un uomo. Contrariamente alle sue paure, invece di ostacolarla, le promisero protezione da chiunque avesse tentato di interrompere la sua corsa.
Rassicurata, Bobbi si tolse il maglione. La reazione del pubblico, una volta compreso che una donna stava correndo la maratona, fu sorprendente: gli uomini applaudivano, le donne si commuovevano. Al passaggio davanti al Wellesley College (famoso anche perché vi è ambientato il film “Mona Lisa smile” con Julia Roberts e perché vi si sono laureate Madeleine Albright e Hillary Clinton), le studentesse la accolsero con un entusiasmo travolgente.
All’arrivo, il governatore dello stato del Massachusetts in persona le strinse la mano. La prima donna a completare una maratona aveva ricevuto il suo riconoscimento: tagliò il traguardo in 3 ore, 21 minuti e 40 secondi.
Ancora oggi, Bobbi Gibb rimane un’icona nell’ambito dello sport femminile agonistico.
Successivamente ha conseguito il Bachelor of Science presso l’Università della California, a San Diego, nel 1969, soddisfacendo i requisiti pre-medici, con una specializzazione in filosofia e una minore in matematica. La sua carriera lavorativa si è sviluppata in ambito legale, dove ha messo a frutto la laurea ottenuta in Giurisprudenza.
Con un passo dopo l’altro, come una vera maratoneta, Bobbi Gibb ha aperto la strada a generazioni di donne, dimostrando che i limiti esistono solo nella mente di chi li impone.
Tiziano Conti
Foto Wikipedia di HCAM (Hopkinton Community Access and Media, Inc.): Bobbi Gibb nel 2016