La piccola Byron in Bassa Romagna
Valeria Giordani
Giornata importante per Ravenna, che nel secondo centenario della morte di Lord George Gordon Byron (1788-1824), poeta, viaggiatore e rivoluzionario risorgimentale, porta a compimento un progetto lungo 25 anni per opera della Fondazione Cassa di risparmio di Ravenna, e dei suoi Presidenti Lanfranco Gualtieri prima e Ernesto Giuseppe Alfieri attuale.
E’ un’acquisizione di grande impegno per la Fondazione ma di grande prestigio per Ravenna, che acquisisce un importante Polo museale nella centralissima via Cavour- il salotto elegante e dello shopping della città- e riapre il Palazzo Guiccioli restaurato: 2200 m2 di superficie, una delle dimore nobiliari più imponenti della città. Vi troveranno posto il Ravenna Byron Museum- di importanza europea, il Museo del Risorgimento con una sezione dedicata alla diffusione del mito di Garibaldi (con cimeli provenienti dalle importanti collezioni Craxi e Spadolini- i due, ugualmente appassionati, si disputavano i cimeli di Garibaldi), e il Museo delle bambole di Graziella Gardini Pasini; ospita già un ristorante e un bar.
Il cantiere, con le opere che si concluderanno per il 26 ottobre data dell’inaugurazione, è stato presentato oggi 19 aprile, in contemporanea con l’investitura di Palazzo Guiccioli come sede italiana della Byron Society, istituzione londinese che celebra la vita e le opere di Lord Byron.
E il suo contributo al Risorgimento-come ha narrato con la consueta efficacia di conferenziere, il Presidente de La Cassa ravennate e dell’ABI nazionale Antonio Pattuelli: Byron infatti frequentava Venezia, dove nonostante la rete poliziesca del dominio austriaco, sotto le maschere dei Carnevali affluivano i Carbonari; e ci affluiva anche in cerca di divertimenti l’alta società ravennate. Fu così che nacque- o meglio scoppiò-la passione tra Byron e Teresa Gamba, giovanissima moglie di un anziano conte ravennate. Byron si trasferì a Ravenna ospite della coppia Guiccioli nel palazzo, sconcertò i ravennati con il suo carro di scimmie, struzzi e animali esotici, e li scandalizzò con la relazione con la moglie dell’ospite vissuta senza pudori. Ma nei sotterranei del palazzo, adibiti a stalle per i suoi animali, sotto i pagliericci nascondeva i fucili acquistati per i moti rivoluzionari; nella farmacia dell’attuale via Cavour, e nelle cavalcate mattutine in pineta, si incontrava con i rivoluzionari.
Ma questa è una storia ravennate. Un braccio della storia ci porta invece in Bassa Romagna, a Bagnacavallo, dove Byron affidò alle suore Cappuccine una figlia naturale. Era avvenuto che una precedente amante di Byron, Claire Clairmont (sorellastra di Mary Shelley, scrittice- autrice di ‘Frankestein’- idea che le venne proprio dalla frequentazione nel cenacolo di letterati che comprendeva Byron) aveva dato alla luce una bambina, Clara Allegra, quando già durante la gravidanza la breve relazione era terminata. Byron riconobbe la figlia e se ne prese carico, ma a patto che la madre, da cui si era allontanato, rinunciasse a lei; la madre-pur riluttante- accettò. Nel 1821 Byron venne in Italia con la bambina di tre anni, e quando si trasferì presso i Guiccioli lasciò la piccola alle suore Cappuccine di S. Giovanni Battista, in un educandato allora rinomato per l’educazione di ragazze nobili. La famiglia della madre visitò Allegra nel collegio, riportando soddisfazione per la sua sistemazione e trattamento. Ma nell’aprile del 1822 la piccola, di poco più di cinque anni, morì per una febbre, forse infettiva.
La madre volle il rimpatrio della salma; si sa in quale cimitero fu sepolta, ma in quanto figlia illegittima non è stata posta una lapide che individui la sua tomba. A Bagnacavallo invece c’è una lapide che ricorda il breve soggiorno della bambina dal nome importante, nella facciata del Convento di S. Giovanni ora disabitato, in via Garibaldi; e a poca distanza una via è dedicata alla piccola sfortunata Allegra Byron.
La sua storia ci riporta a una Bagnacavallo di due secoli fa, sede di case patrizie e di conventi, e soprattutto sede di possedimenti di campagna – quindi di frutteti, orti e granai- di ordini religiosi e di casate nobili; e per queste anche residenza estiva per godere della campagna, dell’ombra degli alberi, delle fonti e del vicino fiume.
VALERIA GIORDANI