Un padre e un figlio nella bufera della guerra

Di Giacomo Casadio  2a puntata 
Bisnonno Luigi con Gigetto

Il padre di cui racconto la storia si chiamava Celso Casadio e suo figlio, l’altro protagonista, Luigi detto Gigetto.

Ho iniziato spiegando le origini del cognome perché del progenitore della mia famiglia, di nome Luigi, nato nel 1841 a Imola, possiedo il certificato di nascita su cui è scritto “Figlio di ignoti”.

Le notizie su di lui sono totalmente mancanti. Non ci sono dicumenti che lo citano, tranne il certificato di nascita di Celso, nel quale si dichiara che il padre Luigi è assente per ragioni di lavoro.

Da lui nacquero Celso e Salvatore, mio nonno.

Qui la storia comincia.

Celso Casadio, nato a Castel San Pietro nel 1882 e morto a Lugo nel 1951, manifestò negli anni ‘20 e ‘30 una fervida vena letteraria imbevuta di retorica nazionalista e di esaltato lirismo dannunziano, attraversato da fremiti futuristi, che lo portò a scrivere alcune opere in belle edizioni curate da varie tipografie lughesi:

Nell’anniversario delle vittime di Villa S. Martino di Lugo: 6 agosto 1925 – 6 agosto 1926, Prem. Tip. Cremonini, (1926)

Il santo, Tipografia Trisi, (1928)

Francesco Baracca, Tipografia Cortesi, (1931)

L’aviere d’Italia, Tipografia Cortesi, (1931)

Chi ideò il tricolore italico: Giuseppe Compagnoni, Tipografia Cortesi, (1934).

Esiste anche una bozza di una storia di Lugo, rimasta però manoscritta.

La storia politica di Celso ha un’origine ben diversa dal fascismo e nasce dalle radici del repubblicanesimo più convinto e più deciso. Documenti originali in mio possesso confermano la sua forte adesione agli ideali mazziniani, a causa dei quali fu incarcerato nel 1921 a Ravenna, alcune settimane prima dell’assassinio di Albertino Acquacalda.

Fu buttata una bomba dentro la sezione del Circolo Cattolico Manzoni. Non vi furono vittime, pochi i danni; con precisione non si seppe mai se furono i repubblicani o gli squadristi. Vennero incolpati tre giovani repubblicani, rimasero nelle carceri di Ravenna sei mesi poi furono prosciolti per mancanza di prove. Fra essi c’era Celso. Nel 1926 quindi l’opposizione antifascista, repubblicana e antimonarchica aveva ancora qualche visibilità.

Quando poi fu fondato l’impero nel 1936 e i fasti di Roma vennero esaltati e alimentati dalla propaganda Celso diede la sua adesione piena al sogno fatale, ai destini ineluttabili, alle conquiste militari, a dimostrazione della potenza italica ma grondanti di sangue. In lui rimase comunque l’ideale mazziniano e la sua intolleranza per la violenza fascista.

La tragicità degli eventi bellici lo portarono a rimuovere il suo sincero sostegno al nazionalismo (o patriottismo) fascista, e di ciò è prova l’abbondante corrispondenza con il figlio Luigi, prima volontario in Africa Orientale e poi in Libia.


Giacomo Casadio

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