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E’ morta Suor Concetta Ricci, “storica” preside delle istituto “San Giuseppe” di Lugo di Giovanni Baldini

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Riceviamo da Giovanni Baldini e pubblichiamo


Nella giornata di mercoledì 20 aprile si è spenta a Lugo Suor Concetta Ricci, “storica” preside delle istituto “San Giuseppe” di piazza Marsala angolo via Emaldi. Fra un mese avrebbe compiuto 101 anno.
Nata a Cesena il 23 maggio 1915, entrò nell’istituto il 30 ottobre 1933 e divenne suora il 3 novembre 1934, stesso anno in cui cominciò l’insegnamento. Ha ricoperto la carica di preside dal 1952 al 1992. Fino all’anno 2001 ha lavorato nella segreteria e nel 2002 si è ritirata definitivamente dalla scuola. Era figlia unica. Allettata da alcuni anni, si è spenta serenamente.

Ieri, giovedì 21, si sono svolti i funerali nella cappella della congregazione delle suore di San Francesco di Sales. A celebrare le esequie c’era don Maurizio Ardini, parroco di San Bernardino, ed ex allievo, il quale, com’è nel suo stile, non ha “bonariamente” risparmiato alcune simpatiche ironie alla sua ex preside. Come quando ha ricordato che, ai tempi dell’inizio del seminario, incontrò Suor Concetta e le disse: «Non vedo l’ora di diventare prete, così quando la confesserò, mi “vendicherò”, facendole dire tante corone di rosario di penitenza».

«Parlare di Suor Concetta – ha proseguito Don Maurizio – significa parlare di cultura ed io le dicevo: “Mah insomma, Suor Concetta, il suo feudalesimo lo sanno anche i termosifoni, a forza di ripeterlo, che vuol dire “spezzettamento”, “smembramento”, “frazionamento” o che “il fine giustifica giustifica i mezzi” di Niccolò Machiavelli…».

La piccola chiesa era piena. C’erano ovviamente molte consorelle. Ed anche ex allievi di generazioni diverse. C’era anche chi, come il prof. Aldo Savini, era presente per avere conosciuto Suor Concetta in qualità di presidente di commissione di maturità. Egli, pur essendo laico e di idee profondamente diverse dalla preside, ne ammirava le doti dirigenziali, la prudenza e la diplomazia nelle relazioni pubbliche. Era nata lo stesso giorno e mese di sua madre ed anche questo è stato un motivo di forte richiamo. E poi ha raccontato un aneddoto. «A fine anni ’90 fui qui in veste di presidente di maturità. Suor Concetta forse non era formalmente più preside, però, era ancora lei che dirigeva. Due mesi dopo la maturità, la incontrai per strada. Ricordo che aveva l’impermeabile, dal quale estrasse un sacchettino con dentro una lettera “A” in oro. Era un segno di gratitudine nei miei confronti, fatto a distanza di tempo, e questo mi colpì particolarmente». Questa era Suor Concetta.

«Mi è rimasta nel cuore» afferma Marisa Vassura, diplomatasi nel 1958. «Non mi chiamava Marisa. Diceva: “E’ arrivata la Vassura».

Domenico Brunori, ex presidente ASCOM, si è precipitato in chiesa avendo saputo a funzione religiosa iniziata della morte e del funerale: «Persona splendida, sempre disponibile. A volte prendeva posizione a favore di noi studenti. Magari anche contro alcuni insegnanti. Cercava la strada migliore per educarci».
niente
Lella Bolognesi è in un gruppetto di ex allieve che hanno festeggiato il 50° del diploma nel 2012. «Quello che ha detto Don Maurizio è vero: Storia la imparavi per forza, la si ripeteva sempre. Era una donna diplomatica, a volte vezzosa. Chi non ricorda il suo “Topetto, cosa fai qui Topetto?”». Anche lei si sofferma sulla maturità, un anno il suo in cui su trentanove ne silurarono i due terzi e a giugno furono promosse appena in tredici. Quell’anno la commissione era condivisa con Ravenna e Suor Concetta spesso prendeva il treno per recarvisi. «Un pomeriggio la vedemmo tornare afflitta, tant’è che pensai: mi hanno bocciata! Per fortuna a me andò bene».

Anche la prof.ssa Antonia Randi, in servizio al “San Giuseppe” nei primi anni ’80, ha un ricordo di Suor Concetta «donna materna ma anche molto professionale».

Giudizio condiviso pure dalla prof.ssa Anna Luisa Fabbri, da oltre vent’anni presidente dell’associazione “ex allievi” di istituto: «La ricordo quando faceva lezione alle quarte riunite insieme in aula magna. Lei al microfono, autorevole, ci teneva lì attente, non si fiatava». «”Il mio campione senza valore”: era il suo modo di rivolgermi la parola. All’apparenza poteva sembrare dispregiativo, invece era un modo per sottolineare il fatto che noi non abbiamo un valore puramente commerciale, ma siamo esseri con una spiritualità ed una interiorità».

In qualità di ex allievo ho sentito il bisogno di ricordarla, visto che sulla stampa locale finora non è uscito niente.

Giovanni Baldini

Capita molto spesso che diamo notizie che l’altra stampa locale non dà, ci siamo anche per questo.
Il direttore

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